Una vita che rappresenta una miriade di Storie, quelle che, attraverso la rotta mediterranea, cercano la Dignità. Frank è l’emblema di un’epopea biblica, il simbolo di un anello di congiunzione. La sua vita all’interno di un Centro SPRAR (SIPROIMI a partire dalla fine del 2018) documenta la seconda fase di accoglienza e di integrazione che viene assicurata ai Migranti, a livello territoriale, dai progetti degli enti locali. Un ponte, tra la cultura di provenienza e quella della nuova realtà, attraverso il quale, con il supporto di assistenti sociali, educatori, mediatori linguistici e orientatori scolastici e lavorativi, i Rifugiati vengono aiutati ad integrarsi nel territorio. I progetti attuati nella seconda fase di accoglienza non si limitano, infatti, ad interventi materiali di base, quali il vitto e l’alloggio, ma assicurano tutta una serie di attività funzionali alla riconquista dell'autonomia individuale, come l'insegnamento della lingua italiana, la formazione professionale, l'orientamento legale, l'accesso ai servizi territoriali, l'orientamento lavorativo, abitativo e sociale, oltre che la tutela psico-sociosanitaria.


Braccia tese che convergono verso il bagliore della speranza. Figure che simboleggiano l’esodo dall’Africa verso l’Europa. Vite piegate da pesanti fardelli e trascinate su barconi fatiscenti. Grovigli di corpi sfidano la sorte nelle acque del Canale di Sicilia. Le urla squarciano il silenzio; occhi sbarrati guardano l’orizzonte e nell’impetuosità delle onde spesso si infrangono sogni e speranze divenendo miseri relitti. A Lampedusa le luci della notte illuminano migliaia di volti allucinati distorcendone le forme. La pelle bruciata dal sole e dal sale, le labbra spaccate per la sete. In poco tempo l’odore del gas di scarico di un camioncino diretto al Cara di Mineo si mescola a quello del vomito e dell’urina. Sono passati due anni. Frank, 38 anni, ghanese, è stato accolto in uno SPRAR di Catania. Soffre di crisi depressive a causa delle violenze subite in Libia. Insieme alla sua famiglia cerca di ricostruirsi un futuro. Ha lasciato il suo Paese a causa del “Land grabbing”, il furto della terra. Un fenomeno che in 16 anni ha visto sottrarre 78 milioni di ettari di terreno alle comunità locali in tutto il Mondo, soprattutto in Africa. Un viaggio estenuante, attraverso il Burkina Faso, il Niger, il deserto del Sahara e infine la Libia dove è stato arrestato senza motivo insieme a tutta la sua famiglia. Gli hanno chiesto un riscatto, che nessuno ha potuto pagare. Per mesi ha subito violenze davanti ai suoi figli, uno dei quali è morto di stenti e Princess, di nove anni, è stata strappata al mercato del sesso. Dopo un anno di orrori il sistema malavitoso libico si è sbarazzato di loro sbattendoli su un gommone fatiscente abbandonato in mare. Un Mare intriso di sangue, che ha segnato il destino anche di alcune ragazze somale accolte nello stesso SPRAR. Sono donne che scappano da matrimoni combinati con jihadisti. Ognuna di loro durante il viaggio ha pagato un prezzo altissimo incontrando carnefici che le ha abusate e fatte diventare madri con la violenza. Ragazze che hanno voluto sacrificarsi pur di poter essere libere.